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Testi di riflessione sul periodo di chiusura della scuola durante l'epidemia da Covid.

Presentazione

Data

dal 12 Settembre 2019 al 6 Giugno 2020

Obiettivi

TRACCIA: Descrivo con due parole il mio percorso della quarantena in passato e il percorso nel futuro.

Fino a qualche tempo fa eravamo rinchiusi in casa, e ora nel presente possiamo finalmente andare a trovare i nostri amici e parenti. Beh, il passato credo che non sia stato molto piacevole per tutti, ma soprattutto per me, la parola con cui voglio riassumere il passato è “nostalgia” la nostalgia degli amici, dei compagni di classe, dei parenti. Senza di loro mi sono sentita malissimo e le mie giornate in quarantena passavano una dopo l’altra senza felicità. Grazie alle lezioni online e alle videochiamate sono riuscite a tirarmi su il morale e a soffrire di meno. Appena è arrivata la concessione di poter uscire mi sono sentita molto più felice: non vedevo l’ora di uscire e rivedere tutti i miei cari. La prima volta che sono andata fuori casa ho avuto una sensazione stranissima: non mi sembrava vero di poter rivedere le foglie verdi degli alberi e le case tutte ammassate fra di loro. Per uscire dovevo per forza mettere mascherina e guanti: nonostante tutte le misure di sicurezza, avevo curato la ferita e il dolore presenti nel mio cuore che venivano inflitti da questo periodo. Ora però il nostro futuro è ancora ignoto, c’è chi dice che avremo i banchi distanziati, o faremo i turni per entrare a scuola, anche se per me sinceramente è ancora presto per prevedere tutto. In questo caso per il futuro ho due parole: incertezza e speranza, l’incertezza di tornare alla vita normale come una volta e la speranza di andare a scuola tutti insieme, perché probabilmente non riuscirei ad andare in una scuola dimezzata. Eh, lo so che sono un po’ troppo esigente, ma io voglio rivedere TUTTI, perché la scuola non è formata dalla metà degli alunni: ognuno di noi è come un mattone che costituisce i grandi muri della scuola, infatti la metà dei mattoni non costituisce un edificio, ed è per questo che vorrei veramente tanto ritornare alla normalità.

Risultati

E.P. 2°A

TRACCIA: “Ti stimo amico. Ci vuole coraggio, a volte, per aprirsi con i genitori, per far capire ciò che proviamo e sentiamo e desideriamo e speriamo. E' più facile sbattere le porte, che provare a raccontarsi”.

E' certamente un'esperienza che molti di noi hanno vissuto questa di cui parla Cesare: quante volte abbiamo sbattuto le porte perché era più facile che spiegarsi, raccontare, svelare i nostri segreti? E non soltanto con i nostri genitori. Eppure lo abbiamo imparato anche in quest'avventura che stiamo vivendo insieme: è difficile dire con sincerità come stanno le cose, cosa pensiamo davvero, come viviamo, se quello che viviamo ci fa male o ci rende felici. Ma forse abbiamo capito che, anche se è difficile, costringerci quasi a raccontare le nostre cose ad altri, ce le fa apparire più chiare. Anzi, a volte capiamo proprio che, se non le racconto a qualcuno, le cose non esistono. A volte anzi capiamo che noi siamo il racconto che facciamo di noi: così, ad esempio, scrivere questo diario in cui ci siamo confrontati con un libro confessando i nostri sentimenti, le nostre paure, i nostri desideri, non ci ha fatto conoscere meglio noi stessi?

E anche tra molto tempo, rileggendo il racconto di noi racchiuso in queste pagine, non sapremo meglio chi siamo stati e chi saremo?

Allora, come dice ancora Cesare a Quattropaia quasi al termine del libro “Grazie per quello che hai detto” è anche quello che a noi viene da dire a tutti coloro che in questa avventura si sono raccontati e hanno ascoltato il nostro racconto, in fondo prendendosi cura di noi.

Una delle cose più importanti da fare con le altre persone è spiegarsi, raccontare e discutere. Allo stesso modo, per aiutarci a crescere, i nostri genitori devono sapere cosa ci tormenta o se abbiamo qualche dubbio o una cosa da dire.

Ma quante volte ciò che avevamo da dire era complesso, strano, fuori dal comune o imbarazzante? La soluzione più facile ai nostri occhi per risolvere il problema è dire “Guarda, lascia stare” oppure “Mamma, non è niente”. Ogni volta che al posto di dire ciò che abbiamo, aprendo così la porta per liberarci dal nostro segreto, teniamo invece chiusa la porta, facciamo sì che il segreto si trasformi in problema e che rimanga dentro di noi, danneggiandoci.

A questo punto una persona potrebbe pensare che si può nascondere il proprio problema, è una soluzione corretta tenerselo dentro perché non si è pronti, in quanto se non si è pronti ora magari lo si sarà domani. Invece anche questo ragionamento è per certi versi sbagliato, perché mentre passa il tempo in cui noi “ci prepariamo a dirlo” forse non facciamo veramente ciò, e dimentichiamo addirittura di dire il segreto e trascuriamo l’importanza di quest’azione. Oppure più semplicemente mentre noi ci “prepariamo” facciamo passare troppo tempo, e questo segreto rimane nascosto troppo in noi e diventa un problema. Va bene dunque non sentirsi pronti, ma non bisogna continuarselo a dire per giorni o settimane al posto di affrontare il problema.

Il problema è la conseguenza di un’azione sbagliata, e rende la soluzione più semplice la più complicata.

In questo caso l’azione più semplice, che è anche quella sbagliata, si trasforma nella più difficile a causa del problema, in quanto chiudere una porta è semplice, ma a causa del problema la conseguenza di quest’azione è diventata la più difficile da risolvere.

È vero dunque che aprire la porta è la cosa più difficile da fare rispetto a sbattere la porta perché ci vuole pazienza e coraggio.

Facendo una metafora, si può dire che raccontarsi è come una salita ripida, perché raccontarsi è molto difficile, e scalare una salita è più difficile rispetto a percorrere una strada piana o una discesa. E se prima c’è una salita, dopo per forza c’è una discesa, e dunque se prima c’è la salita dove noi ci raccontiamo, dopo c’è la discesa dei vantaggi che la salita ci ha portato, come la liberazione da quel tormento, le soluzioni positive o gli aspetti di noi che siamo riusciti a conoscere meglio.

Perciò bisogna raccontarci, per liberarci di un problema e per conoscerci meglio, conoscere meglio i nostri punti deboli e di forza e le nostre paure, per far sì di trovare le soluzioni migliori e per capire di più chi siamo e chi potremo essere.

Infatti scrivendo i nostri segreti o raccontandoli, possiamo vedere il punto di vista di qualcun altro e trovare soluzioni migliori e ottenere consigli preziosi. Raccontando i nostri segreti possiamo analizzarli e trovare la soluzione più adatta a noi e capire cosa fare. Oppure capire dove e cosa abbiamo sbagliato e come migliorare

Dunque bisogna raccontarsi, perché se non capiamo ora chi siamo, non possiamo neanche pensare di poter crescere bene e avere un futuro migliore, perché non sapremo chi saremo e cosa vogliamo.

T. G. 2A

 

Spesso, dietro l’incapacità di mostrare i miei sentimenti nascondo la paura di essere rifiutata, perché esprimendoli metto in evidenza il mio vero io, mettendo in un angolo le mie difese. Sicuramente la paura è una delle cause che mi spinge a non essere sincera con gli altri. Si tratta spesso della paura di ferire una persona cara o di rovinare un legame affettivo. Per piacere agli altri nascondo il mio vero carattere, modificandolo a seconda delle situazioni che sto vivendo, assumendo una maschera fissa e nascondendo il buono e il cattivo al fine di piacere agli altri. Essere sinceri significa mostrarsi per quelli che si è realmente e di conseguenza esporsi anche alle loro critiche positive o negative. Questo mio comportamento è un meccanismo per nascondere le mie insicurezze e le mie debolezze. Aprirsi con gli altri, dire con sincerità come stanno le cose, cosa pensiamo davvero, è una grande prova di coraggio ma è anche una caratteristica essenziale se vogliamo vivere nel rispetto l’uno dell’altro e soprattutto di noi stessi. Imparare a esprimere come ci sentiamo ci aiuterà a sentirci meglio e per quanto mi riguarda sarà un lungo percorso. Scrivere questo diario in cui mi sono confrontata con un libro e anche con me stessa, riflettendo e confessando i miei sentimenti e le mie paure, mi è servito per conoscermi meglio e far conoscere chi sono realmente agli altri: una ragazzina apparentemente dal carattere forte ma sensibile, fragile e premurosa. Mi ha fatto capire che riflettere da sola su alcuni problemi mi porta a vedere alcune difficoltà come insormontabili, mentre parlandone con altri, capisco che la situazione non è poi così tragica come pensavo. Parlare con qualcuno di fidato e che non ti giudica, ti aiuta ad analizzare la situazione, ti aiuta a diventare consapevole di ciò che stai facendo, e questa consapevolezza ti dà la forza e ti fa stare meglio. Ho imparato che non potrò mai comunque essere perfetta e piacere a tutti, ma tra i due modi di essere sicuramente la sincerità, il confessare i miei sentimenti, i miei desideri e le mie paure, è l’unica strada percorribile per essere apprezzata dagli altri ma prima di tutto da me stessa.

G. G. 2A

 

Certe volte ci capita di non essere a posto con noi stessi, e appena quando qualcuno ci dice: “Che ti succede? Ti vedo irrequieto oggi.” Noi solitamente abbiamo due opzioni: raccontare tutto e liberarci di un peso, oppure sbattere le porte e non raccontare niente rinchiudendoci a noi stessi. A volte può essere difficile raccontare agli altri i nostri problemi o come viviamo la vita, perché magari crediamo di non essere compresi, io parlo per esperienza perché all’inizio di queste scuole medie nei primi giorni ero molto timida, e per questo è nato uno dei miei tanti soprannomi: “donna del mistero”. Nessuno sapeva cosa succedeva nella mia testa perché appunto non parlavo molto. Col passare del tempo mi accorsi che era molto meglio aprirsi agli altri e mi sentivo molto più libera; confidarmi era diventata un’abitudine. Tutto è più bello se instauri un rapporto con gli altri, non è bello vivere nell’insicurezza. E’ come se noi fossimo dentro a delle bolle: se siamo introversi e non ci esprimiamo mai rimaniamo rinchiusi, mentre instaurando un rapporto con altri e facendoci sentire riusciremo a “scoppiare la bolla”.  Ritengo che sia molto importante raccontare i nostri stati d’animo, e ci sono molte cose o persone che possono aiutarci: come i genitori, coloro che ci conoscono meglio di chiunque altro; solitamente io mi confido abbastanza coi familiari, più che altro con mia madre, perché credo che lei mi capisca in un modo tutto suo. Un’altra cosa che mi ha aiutato sono state queste lezioni di narrativa, che mi hanno permesso di conoscere meglio sia me stessa che gli altri. Inizialmente alle prime letture del libro pensai subito: “Era molto meglio Il maestro nuovo, questa esperienza non sarà bella come quella dell’anno scorso!” Ero subito partita pessimista dando tutto per scontato, uno dei miei difetti principali. Invece mi sbagliavo, il libro cominciava ad interessarmi di più e tutto diventava sempre più interessante, ascoltando i testi delle altre classi avevo modo di ispirarmi e di trarre insegnamento delle esperienze degli altri. Mi domando come reagirò quando una volta cresciuta sfoglierò di nuovo i libri letti con le altre classi fino ad ora, probabilmente sarò molto felice di ricordare tutti i momenti di gioia vissuti, le sberle di Ciao Bello e le risate nell’aula di narrativa. Solo un’unica cosa non mi è piaciuta: concludere tutto ciò a distanza, non vedevo l’ora di fare ancora una volta la festa che avevamo fatto l’anno scorso per leggere tutti i bei temi e divertirci fra noi, invece purtroppo tutto ciò non avverrà. Però so che solo perché non vediamo gli altri non vuol dire che noi siamo soli e nonostante questa situazione difficile sono comunque riuscita a divertirmi.

E. P. 2A

 

Che dire, anche quest’anno posso dire che la narrativa condivisa è stata una delle avventure più belle della mia vita. La chiamo “avventura” perché è come se tutti noi avessimo vissuto le avventure di Cesare ascoltando le sue parole mentre ce le raccontava, e lui avesse ascoltato le nostre.

Ogni volta la lezione di narrativa è come un diario settimanale, dove scriviamo ciò che ci è capitato o una riflessione. Fa bene raccontarsi e raccontare le proprie avventure, in modo da scoprirsi meglio ogni giorno, fino a cogliere la nostra vera essenza e ciò che dice davvero la nostra anima, il nostro cuore. Un diario è come un amico, come noi per Cesare. C’è la differenza però che un diario non ti ascolta, non ti risponde, non ti dà dei consigli. Siamo noi, le nostre parole che rispecchiano i sentimenti della nostra anima, che ci danno dei consigli e ci fanno capire davvero come stiamo, e c’è bisogno di scriverlo, di raccontarlo a qualcuno, che alla fine siamo noi stessi. Ci riscopriamo sempre di più anche se forse non ci capiremo mai esattamente, non capiremo mai la nostra anima. Con il laboratorio di narrativa scopriamo chi siamo e un po’ il senso delle cose che ci circondano e accadono. Con la narrativa possiamo come scrivere ad un diario, che poi viene ascoltato da qualcuno, qualcuno della nostra stessa età e magari anche nella nostra stessa situazione, che ci può capire davvero. Noi abbiamo bisogno di qualcuno che ci ascolti e che ci faccia riscoprire noi stessi.. Non deve essere per forza una persona. Io credo che i ragazzi che scrivano ad un diario non siano matti, anche se “il diario” non è un essere vivente. E’ solo un piccolo oggetto magico dove vanno a finire tutti i nostri pensieri che hanno una forma, magari anche illogica, proprio come succede nella narrativa. Ma nella narrativa c’è di più. C’è di più perché i nostri pensieri vengono ascoltati dall’anima di qualcun altro che comprenderà ciò che scriviamo. Persone e anime che a volte ci capiscono più di quanto noi possiamo capire da soli di noi stessi.

Con la narrativa possiamo esprimere i nostri pensieri senza paura di essere giudicati e che quei pensieri verranno ascoltati da qualcuno.

Narrativa è scrivere la nostra anima e raccontarla, perché in fondo non ci siamo ancora scoperti del tutto.

B. R. 2G

 

Per me è molto difficile raccontare con sincerità le cose e esprimere liberamente i miei sentimenti, infatti a volte posso sembrare fredda e distaccata anche con le persone a cui tengo di più. Questo progetto di narrativa condivisa però mi ha aiutata a raccontare ciò che accade nella mia vita in modo sincero attraverso i testi. Già l’anno scorso mi ero resa conto che aprirmi con delle riflessioni scritte riguardo ad avvenimenti della mia vita, mi ha aiutata sia ad aprirmi maggiormente con gli altri, che a rendermi conto che le cose, se non raccontate a qualcuno, non esistono.

Uno dei testi più importanti che ho scritto è quello che ho svolto durante la quarantena, dove ho raccontato del periodo che stiamo vivendo sotto il mio punto di vista. Per me è stata come una valvola di sfogo, perché raccontare cosa sto passando in questa difficile situazione, è stato utile per me anche se il mio scritto non è stato selezionato per la pubblicazione. All’inizio della prima media avevo paura ad esporre i miei testi e a far sapere agli altri il mio parere e stato d’animo riguardo determinati argomenti. Pensavo che ciò di cui trattava il mio tema non fosse abbastanza importante come quello degli altri compagni e per questo molte volte ho fatto dei temi anonimi. Con il passare del tempo, però, mi sono resa conto che le mie esperienze potevano aiutare le persone che mi stavano ascoltando e parlare con qualcuno di ciò che mi succedeva, le faceva apparire più chiare a me, facendomi conoscere ogni volta di più. Ora non ho più paura di leggere i miei testi, anche perché ho capito che noi siamo ciò che scriviamo.

Un’altra cosa di cui sono contenta è che, conservando ciò che ho scritto in questi anni, quando sarò più grande e leggerò di nuovo quanto fatto alle medie, avrò un ricordo della persona che ero!

Per questo ringrazio voi professori per avere organizzato, reso possibile un'esperienza così formativa e nello stesso tempo divertente per noi ragazzi!

M. F. 2G

 

In questo periodo molto difficile, strano e delicato per il Covid-19 la casa è diventata quasi una vera e propria prigione, quasi tutti stanno seguendo le regole, anche se con tanta voglia di uscire e far tornare tutto alla normalità, ma gli adolescenti e anche io in prima persona, stiamo vivendo questo momento con una difficoltà aggiuntiva, le continue riprese e lamentele dei nostri genitori, e fidatevi è difficile, pretendono sempre tante cose e spesso ti rimproverano per niente, poi se ci si mette pure tua sorella che fa la vittima e il torto cade su di te, direi che siamo al completo.

Qualche settimana fa ho avuto delle discussioni un po’ pesanti, e inizialmente era inutile parlare con me, volevo avere ragione e sbattevo le porte.

I miei,come sempre,hanno dato la colpa all’uso che faccio del cellulare e hanno iniziato a dirmi che vado in giro per casa con lo smartphone sempre in mano e le cuffiette alle orecchie e che se usassi meno il cellulare le ore di studio sarebbero più efficaci e produttive. Ero impassibile e a tutto quello che mi dicevano avevo una risposta pronta, finché poi la tensione ha lasciato il posto allo sconforto e solo quando mi sono rifugiata in camera che mi sono resa conto che stavo sbagliando, e che in realtà loro con tutti i rimproveri sul cellulare mi vogliono aiutare, così alla fine ho ammesso che le cose stavano come dicevano loro.

A volte però è il contrario, ovvero che sono i genitori a non darti l’opportunità di parlare, o meglio non vogliono capire quello che dici.

Grazie a questo libro ho capito tante cose e una di queste è proprio l’importanza del dialogo, parlare e confrontarsi con le persone che ci vogliono bene, di tutto ciò che non va o che ci turba, anche se spesso è un po’ difficile.

E. F. 2G

 

Nella vita si collezionano tanti ricordi, che custodiamo nel nostro cuore. Tuttavia metterli per iscritto è diverso, è un modo per dare la possibilità a qualcun altro di conoscerti e di scoprire la tua storia. A volte è più semplice far leggere ciò che si prova che raccontarlo. Quando qualcuno a cui tengo legge un testo dove mi racconto, mi piace osservare le sue espressioni e immaginare a cosa stia pensando. Quando sarò più grande e rileggerò i miei pensieri che saranno cambiati, avrò la possibilità di riscoprirmi e di avere una modalità di pensiero diversa. A volte ad esempio, riprendo i diari di quando ero piccola, e rivedo una persona diversa da quella che sono adesso; mi sembra di rivivere la mia storia, e mi accorgo che è grazie a quella bambina che sono chi sono ora. Spero che sarà lo stesso rileggendo questi testi in futuro. Per me scrivere quello che sto vivendo o che penso è un modo per fare ordine e chiarezza dentro di me: a volte dire qualcosa nella mente risuona poi diverso detto nella realtà. Scrivere di un problema che stiamo affrontando, vedendolo dall’esterno, ce lo fa apparire con più chiarezza e magari anche con più semplicità: spesso credo di avere molte cose da fare e poco tempo da dedicare loro: poi parlandone con qualcuno capisco che in realtà non è così e torno serena. Scrivere questi testi mi ha aiutata ad esprimermi meglio, e mi ha fatto ricordare alcune esperienze passate. Ho avuto modo di crescere e di cambiare, anche attraverso le tracce assegnate dai professori, e per questo mi vedo maturata. Insomma scrivere ha tanti lati positivi ma anche lati negativi: è importante non perdere contatto con la realtà e con le altre persone, magari scrivere ci aiuta ad esprimerci ma dobbiamo imparare a farlo anche con le nostre parole. Ad esempio, in questa situazione di Covid - 19, ci ritroviamo a dover comunicare attraverso la tecnologia: è un bene perché altrimenti non avremmo contatti con le altre persone, ma esprimersi attraverso uno schermo senza poter avvertire cosa prova una persona, è molto diverso che parlare faccia a faccia. Quando si mandano dei messaggi, magari ci si chiede: “Come stai?”, forse qualcuno sta male ma invece risponde bene, con delle faccine sorridenti. Quindi alla fine non sappiamo chi siamo veramente attraverso uno schermo, ed è importante sviluppare altre vie di comunicazione. Anche se non sempre è facile dire qualcosa guardandosi negli occhi bisogna imparare a farlo, per affrontare ciò che la vita ci riserva.

E. C. 2G

 

A causa del mio carattere introverso, faccio molta fatica ad aprirmi con chiunque.

Non è semplice, per me, parlare e raccontare qualcosa di me. Preferisco ascoltare quello che hanno da dire gli altri, poi, se lo ritengo interessante, presto più attenzione, se invece non mi interessa, la mia mente vaga altrove…

Questo mio “sembrare distratto” tante volte diventa un’arma che mi si ritorce contro: con i professori, che mi credono un alunno svogliato, coi miei genitori, che si sentono presi in giro, coi miei nonni, che credono di non capirmi più come prima perché sto crescendo.

È brutto essere così, a causa della mia timidezza spreco tantissime occasioni che mi si capitano davanti, occasioni che non ci saranno due volte, certe volte vorrei iniziare a parlare con tutto me stesso, ma non ci riesco, non riesco a cambiare.

Con i miei amici e i miei coetanei mi apro di più, è più facile con loro, il problema invece sta con le persone più grandi, come i miei genitori, con loro non riesco mai ad aprirmi, non so neanche io il motivo .

Crescendo vorrei perdere questo “vizio” cioè quello di non guardare mai in faccia le persone e non dire mai quello che penso, ma non è facile, e mi impegnerò al massimo per cambiare questo mio difetto.

P. G. 2G

 

È vero che condividere i nostri pensieri, le nostre paure, i nostri dubbi e le nostre emozioni con qualcun altro è molto difficile, perché abbiamo paura ad esporci, ad aprirci.

Abbiamo paura del giudizio delle altre persone su ciò che pensiamo.

Oppure non vogliamo ferirle perché non vogliamo che i rapporti con loro peggiorino.

Però se abbiamo un problema o un dubbio e ci rivolgiamo a qualcuno pronto ad aiutarci, poi ci sentiamo davvero meglio, come se avessimo un peso che ci schiaccia e poi, quando chiediamo un ausilio, quel peso svanisce e ci sentiamo più leggeri.

Confrontarci con altre persone può anche cambiare la loro opinione su di noi (e anche la nostra su di loro). Infatti se qualcuno ci ha sempre giudicati in modo diverso da come siamo veramente (magari perché, riguardo ad un certo episodio, si è fatto una brutta idea su di noi), quando gli spieghiamo la nostra situazione poi inizierà a guardarci con occhi diversi.

È vero anche che quando parliamo con altre persone delle nostre cose ce le fa apparire più chiare, come quando guardi un oggetto molto fregiato, con piccolissime decorazioni, e prendi la lente d’ingrandimento per capire bene i vari decori.

Questo perché la persona con cui parli può osservare il tuo pensiero da un’altra angolazione.

Per me i laboratori di narrativa condivisa dell’anno scorso e di quest’anno nel futuro saranno una capsula del tempo: nei vari testi ho scritto dei particolari episodi che mi hanno aiutata a riflettere, le mie opinioni su certi argomenti e i miei sentimenti ed emozioni in alcune situazioni. Lo sarà perché, quando li rileggerò, per me sarà come ricordare i miei pensieri e stati d’animo quando frequentavo le scuole medie. Sarà come se da piccola avessi messo in una scatola ciò che ritenevo importante per me e oggi, a distanza di alcuni anni, aprendola mi ricorderei di particolari momenti felici (e commoventi) dell’infanzia grazie proprio a quegli oggetti

E. R. 2G

 

Non sono mai stata una persona riservata e silenziosa, anzi, al contrario, sono sempre stata molto socievole e molto aperta sia in famiglia che con gli amici e in generale con tutte le persone che conoscevo e mi sentivo a mio agio. Nonostante questo però, a volte, anche tutt’ora mi è difficile aprirmi su certi argomenti con persone che conosco poco o niente e, questo progetto della narrativa condivisa, soprattutto quest’anno, mi ha aiutata molto.

Inizialmente, ero molto incerta sul togliere il mio “preferirei rimanesse anonimo” sotto al mio nome e cognome tra parentesi, avevo paura di espormi troppo nei confronti di persone che avrebbero potuto non interpretare correttamente il mio pensiero.

Ma, verso Gennaio, mi sono decisa, ho voluto condividere ed esprimermi al meglio ed in modo personale, con i miei testi, nei quali davo sfogo alle mie esperienze più negative.

Come ho raccontato più volte, nei vari elaborati dell’anno scorso e di quello corrente, non ho passato un periodo molto bello durante le elementari soprattutto durante il terzo anno.

Tutt’ora mi è complicato parlare di quella fase colma di sofferenza e delusioni. Principalmente da parte di chi diceva di essermi amica e che non si è dimostrata tale e dalla presenza di una docente non in grado di esserlo pienamente che comportandosi irrispettosamente per tutto l’anno con i suoi alunni ha generato in me parecchie ansie.

Scrivere, per me, è sempre stata una valvola di sfogo. Mi ha aiutata a liberarmi di questi pesi e ho capito che non dovevo tenermi tutto dentro, soprattutto i primi mesi quando non avevo il coraggio di parlarne con qualcuno.

E, anche in questo caso, mi ha aiutata ad esprimermi liberamente scrivendo ed esprimendo le emozioni che tenevo chiuse in me.

Penso che nel complesso questo laboratorio abbia aiutato non solo me ma anche e soprattutto i miei compagni e le mie compagne che hanno avuto un vissuto difficile e sofferto.

È stato come prendersi cura di ognuno di noi.

Un domani, credo che, rileggendo l’esposizione delle mie esperienze, mi ricorderò com’ero, quali paure avevo e di quanto è stata importante la condivisione che mi ha aiutata a crescere e conoscere.

E. S. 2G

 

Sono ormai passati due anni dalla prima volta che mi sono seduta per terra nella biblioteca della scuola, con in mano un libro, lo stesso libro che avevano in mano anche altre 3 classi sedute per terra, proprio come me. Anche il secondo romanzo che abbiamo letto, poche pagine alla settimana, ogni seconda ora del venerdì ormai è finito e sinceramente devo dire che mi è dispiaciuto molto non poter leggere proprio le ultime pagine di “Click!” in un grande cerchio di persone. Avrei preferito ascoltare la voce dei prof che leggevano il romanzo in biblioteca come ogni settimana piuttosto della voce della professoressa che si sente a scatti nelle auricolari, avrei preferito sentire le voci dei ragazzi delle altre classi leggere i loro testi in piedi al centro del cerchio piuttosto che vedere i loro testi dallo schermo del cellulare pubblicati su Classroom e avrei preferito anche poter leggere quelle ultime pagine seduta vicino alle mie amiche piuttosto che vederle in uno schermo con la testa abbassata sul libro. Dall’inizio della prima media fino ad ora ogni mercoledì pomeriggio mi sono ritrovata davanti allo schermo del mio computer con aperta una pagina word bianca che aspettava solo di essere completata con il titolo in rosso e i miei pensieri scritti sotto, in nero, che comparivano una parola dopo l'altra appena le mie dita schiacciavano veloci le lettere della tastiera. Devo ammettere che ci sono stati giorni in cui i miei pensieri, mentre guardavo lo schermo bianco con la righetta nera che lampeggia sono stati: “Oggi non ho proprio voglia di fare il testo di narrativa, non so cosa scrivere”. Ma ogni volta, dopo questi pensieri e qualche minuto passato a fissare la pagina bianca, mi sono impegnata a trovare qualcosa da scrivere e da raccontare. Come dice Cesare anche per me è molto più facile sbattere la porta e chiudermi in camera, piuttosto che raccontare davvero quello che penso, e quando le porte da sbattere non ci sono chiudo la porta immaginaria di quell'argomento di cui proprio non mi va di parlare semplicemente cambiando discorso. Mi capita spesso di avere questo atteggiamento anche perché le persone con cui mi confido e alle quali dico sinceramente quello che penso sono davvero poche, forse 2 o 3. Questo lavoro di narrativa mi ha aiutato molto a esprimere i miei pensieri attraverso dei testi che non avrei mai pensato di fare, e grazie a questi testi qualche volta sono riuscita a dire cose che di persona non sarei riuscita a dire. Grazie a narrativa ho anche imparato che, se non racconto le mie esperienze e i miei pensieri a qualcuno è come se non esistessero, infatti quelle poche volte che mi confido veramente con qualcuno subito dopo mi sento meglio. Soprattutto in questo periodo difficile, che spero tanto stia per finire, per me non è facile dire davvero quello che penso e quello che provo ogni volta che guardo fuori dalla finestra e vedo la strada deserta, ogni volta che mi ritrovo in camera mia a fare lezione sul computer invece che in classe o ogni volta che sono costretta a fare una video chiamata con i nonni al posto che abbracciarli. Molte volte, quando nella mia testa passa un pensiero negativo e triste, preferisco starmene da sola con il mio pensiero invece di provare a spiegarlo agli altri e ogni volta che questo succede mi rendo conto che sarebbe meglio parlarne con qualcuno, ma poi penso “ no, lascia stare, non cambierebbe niente” e allora rimango la con il mio pensiero. Mi piacerebbe provare a raccontarmi un po’ di più agli altri e anche narrativa mi sta aiutando a migliorare in questo. Spero davvero che se mai tra qualche anno dovessi rileggere tutti i testi scritti di settimana in settimana i testi possano aiutare la futura me a capire chi era, chi è e forse chi sarà.

E. F. 2E

 

E’ da due anni ormai che insieme ad altre due classi leggiamo un libro, seduti per terra, in biblioteca; questa volta l’anno si è concluso in modo diverso e ci sono stati dei cambiamenti, non per colpa nostra, devo ammettere che non mi sono piaciuti, e credo un po’ a tutti: chi preferisce la voce scattante della prof. e un’ immagine a pixel, piuttosto che persone reali e non divise a quadratini? Chi preferisce stare da solo chiuso in cameretta, piuttosto che a scuola con un gruppo di ragazzi? Nessuno, ma purtroppo non possiamo avere sempre tutto sotto controllo e a volte ciò che non ci aspettiamo accade all'improvviso, rovinando tutti i nostri piani.

Quest’anno, grazie al libro “Click!”, abbiamo toccato diversi punti, cercando, grazie a dei ragazzi tanto lontani, perché nessuno di noi li conosceva, ma al tempo stesso molto vicini, di conoscerci meglio grazie a dei testi. Poco fa ho scritto molto vicini, più volte infatti ciascuno di noi si era già ritrovato nelle stesse situazioni di quei ragazzi, altri invece già le avevano affrontate. Credo che Cesare abbia ragione a dire che è più facile sbattere le porte in faccia piuttosto che raccontarsi. Aprirsi con le persone non è affatto semplice, per quanto mi riguarda soprattutto quando quelle persone sono i genitori. Io sono una persona alla quale non piace aprirsi e parlare di sé, preferisco tenermi tutto dentro, sperando che prima o poi passi un treno e porti via tutto ciò che non va, paure, dubbi, difficoltà. Di solito alle persone piace avere qualcuno che le ascolti, che gli dia dei consigli, a me no, questa cosa mi ha sempre messo e tutt’ora mi mette a disagio, non so nemmeno io il perché, ma togliere le maschere e i muri che ho e che mi proteggono, è una cosa che non mi piace per niente, perché senza di essi gioco allo scoperto e non saprei come difendermi: queste maschere e i muri che ho mi rendono più forte, con questi mi sento al sicuro, protetta da tutti gli altri. Più volte abbiamo detto che le maschere sono una cosa negativa, ma per le persone alle quali non piace raccontarsi, a me, le maschere servono molto; se ci penso la maschera che uso più spesso è la mia stessa faccia, quante volte mi è capitato di sentirmi dire: “Sei arrabbiata? Sei triste?”, e la mia risposta era semplicemente: “ No, è la mia faccia” senza troppe difficoltà. A volte è davvero la mia faccia, altre però è solo una scusa. Durante questa avventura sono stata “obbligata” a raccontarmi e, d'istinto, la prima cosa che mi viene da dire è: “Perché l’ho fatto?”. A dire la verità non lo so nemmeno io il perché. Più volte, quando la prof.ssa dava una traccia, mi sentivo persa, non sapevo cosa scrivere e a volte mi è capitato di stare pomeriggi interi davanti allo schermo sperando che ad un tratto apparisse il testo magicamente,. Questo mi capitava, credo, perché per scrivere dei testi c’è bisogno di scavare e di aprire porte ormai chiuse da tempo, argomenti che non avevo mai affrontato e che avevo persino dimenticato: finché le cose non vengono dette, scritte, non esistono, e forse qualche anno fa avrei preferito che non esistessero. Quando però cresci, quando incontri persone che ti fanno capire che in realtà non far esistere i problemi è solo crearne altri, ti rendi conto che, se sei disposto a parlare, qualcuno pronto ad ascoltare c’è, qualcuno che è pronto a fare chiarezza in quella testa piena, ogni giorno, di pensieri che teniamo nascosti. A volte vorrei essere come quelle persone che mettono tutti gli stati su Instagram, raccontando il loro problemi senza preoccuparsi, senza farsi paranoie, raccontano tutto a tutti. Vorrei non farmi sempre tanti problemi a dire tutto ciò che mi passa per la testa, ad ammettere se sono arrabbiata, triste o felice, smettendo di far finta di essere sempre quella forte e quella che non ha paura di niente, soprattutto in questo periodo, dove invece che esprimere le mie paure facevo una battutina facendo capire che tutto ciò mi piacesse. Vorrei fare tutto ciò, ma non perché “obbligata” da un prof., vorrei farlo di mia spontanea volontà.

Più volte la prof.ssa Pozzi mi ha detto di far leggere i miei testi, che non ho mai fatto leggere; non lo faccio per cattiveria e neanche per fare un torto a qualcuno, ma semplicemente perché io sono quella che preferisce sbattere le porte piuttosto che parlare, e preferisco rimanere quella per un altro po’ con i miei genitori. Quando sarò più grande, magari ritroverò per caso questi testi e li farò leggere loro tutti quanti, ma ora no, perché ora preferisco rimanere quella fredda, quella che non ha un cuore. Parlando, quando sono arrabbiata, riesco solo a rispondere male a tutti, ma scrivendo riesco meglio a dire ciò che penso che senza essere fraintesa: è più facile parlare di sé leggendo un foglio, piuttosto che  a una persona guardandola negli occhi. Grazie a narrativa sto imparando a conoscermi meglio e a conoscere gli altri, ma più che ringraziare narrativa ringrazio i miei prof. e i miei compagni che mi stanno accompagnando in questo percorso. Ho fatto molta fatica a scrivere questo testo, ma sono certa che un giorno lo rileggerò,e farò un sorriso, ricordandomi di quante paranoie mi facevo per niente.

C. V. 2E

 

IN QUESTI DUE ANNI A SCUOLA LA NOSTRA CLASSE INSIEME ALLA 2 G E ALLA 2 A HA SVOLTO UN PROGETTO CHE MI E’ PIACIUTO MOLTO.

PRENDENDO SPUNTO DALLA LETTURA DI DUE LIBRI, TUTTE LE SETTIMANE ABBIAMO SCRITTO UN TESTO CHE CI HA AIUTATO A CONOSCERCI MEGLIO.

PENSANDOCI BENE IN QUESTI DUE ANNI HO SCRITTO VERAMENTE TANTI TEMI NEI QUALI MI SONO RACCONTATO IN POSITIVO E IN NEGATIVO.

ADDIRITTURA MOLTE VOLTE MI SONO PURE DIVERTITO A SCRIVERLI, COSA NON SCONTATA perché SONO COMUNQUE COMPITI.

QUEST’AVVENTURA MI HA AIUTATO A SCRIVERE MEGLIO, GIA’ PRIMA SAPEVO ESPRIMERMI SCRIVENDO, MA NON AVEVO LA SICUREZZA CHE IL LETTORE SI INTERESSASSE TANTO AL MIO TESTO. DICO QUESTO PERCHE’, COSI’ COME A ME HA FATTO PIACERE ASCOLTARE I TESTI DEI MIEI COMPAGNI, MI SONO ACCORTO CHE ANCHE A LORO FACEVA PIACERE ASCOLTARE I MIEI. HO INFATTI SCOPERTO CHE AD ALCUNI INTERESSA MOLTO SAPERE QUELLO CHE SCRIVO ANCHE SE IN FONDO SONO UNO STUDENTE QUALSIASI.

ANCHE A ME FA  PIACERE LEGGERE I TESTI DI QUALCUN ALTRO perché MI SEMBRA DI SCOPRIRE QUALCOSA IN PIU’ DI LUI, COSE CHE MAGARI NON TUTTI SANNO DIRE IN FACCIA, NEANCHE AD UN AMICO.

SONO RIUSCITO PERFINO A FARE SCRIVERE UN TESTO A MIA MAMMA, UN ACRONIMO SU DI ME. SO CHE PER LEI E’ STATO MOLTO DIFFICILE PERCHE’ MI DICE SEMPRE DI AVERE POCA FANTASIA, MA DEVO DIRE CHE LE E’ VENUTO PURE BENE.

ANCHE SE NON E’ STATO FACILE RACCONTARMI, RIPENSANDOCI HO SCOPERTO CHE QUESTI TEMI MI HANNO FATTO SCOPRIRE QUALCOSA IN PIU’ SU DI ME, SIA NEL BENE SIA NEL MALE, E CREDO CHE QUESTA FRASE SI POSSA RICICLARE ANCHE PER ALTRI MIEI COMPAGNI DI CLASSE.

POSSO QUINDI DIRE: GRAZIE PER QUELLO CHE AVETE SCRITTO, MA GRAZIE ANCHE DI AVERMI ASCOLTATO. SCRIVERE E’ COME UN VIAGGIO CHE PUO’ FARTI SCOPRIRE COSE DI TE CHE RIMARREBBERO SEGRETE AGLI ALTRI MA ANCHE A TE STESSO.

E CHISSA’, MAGARI UN DOMANI POTRO’ ANCHE PROVARE A SCRIVERE UN LIBRO, MI PIACEREBBE MOLTO.

M. D. 2E

 

Io sono molto chiusa. Questo aspetto del mio carattere Non mi aiuta certo a raccontarmi o a fidarmi delle persone, anche quelle a cui sono più legata, e per me è stato molto complicato raccontarmi, farmi conoscere dagli altri, anche per paura di essere giudicata.

Ho capito però che tutti si facevano conoscere dai loro testi e che, grazie a quelli, non ci giudicavamo, ma imparavamo a non essere persone sconosciuti e persone qualunque.

Ricordo ancora il primo giorno di questa avventura, quando noi piccoli allievi stavamo entrando in quella enorme stanza che è diventata un po' la nostra casa, dove raccontavamo di noi cose che magari anche gli amici non sapevano. La prima volta che ci sono entrata pensavo che fosse tempo sprecato, che non mi fosse utile, poi ma invece ho capito che la scrittura parla di noi più di quanto non lo facciamo noi. Arrivato il momento di scrivere di me, avevo paura di svelare tutti i miei segreti, cose che nessuno sapeva, pensavo che fosse più facile parlare di altro, di cose che non mi raccontassero, quasi favole. Poi ho capito che i miei testi non avevano molto valore, erano freddi, senza veri sentimenti, cosa che gli altri mettevano, ho capito che non aveva più senso fingere, chiudere delle porte, invece di raccontarmi,: era più facile ma meno conveniente.

Ho imparato che scegliere di mentire non serve, non dà dei risultati, mi faceva apparire solo come una persona che ascoltava e non leggeva mai niente di suo, perché i testi non parlavano di me ma di quello che volevo essere, quindi cose che non sono mai accadute e che non mi rappresentavano. Ho imparato che scrivere “anonimo” sul testo non serve a niente, perché noi ci conosciamo, e non serve nasconderci per dalla paura di essere giudicata, perché quando dici la verità non ti potranno mai dire niente. Ho imparato che, se dopo che leggi il tuo testo nessuno ti applaude, vuol dire che hai colpito chi ti ascolta e sta riflettendo su quello che hai scritto, non è necessario un applauso per mostrare gratitudine. Prima pensavo che parlare di me fosse come dire apertamente tutti i miei errori, i miei punti deboli, vedevo il fatto di raccontarmi come una costrizione, una cosa che dovevo fare e basta. Poi ho capito che raccontare però anche i fatti più semplici me li faceva capire meglio, me li faceva riassaporare a pieno, e non era come inventarli. Ho capito che io sono quello che voglio essere e non i racconti che scrivevo, ho capito che raccontare non mostra i miei punti deboli, ma le cose con cui sono più forte, ho capito che i miei errori sono una parte di me e che tornando indietro li rifarei anche se mi hanno fatto sentire male, perché raccontarli mi ha fatto capire a pieno il loro significato.

Scrivendo di me ho conosciuto nuove emozioni, sentimenti mai provati prima, nuovi lati di me che non avevo mai conosciuto, e che mi hanno fatto capire sempre meglio che io sono quello che voglio essere, e che non voglio cambiare, perché non sarei più io. Come dice Cesare a Quattropaia, “Grazie per quello che mi hai detto”, anche io voglio ringraziare tutti i miei compagni di avventura per essersi raccontati, perché se non ci fossero stati loro io avrei continuato a mostrare quello che volevo essere e non quello che sono, una maschera.

Quindi grazie per esservi raccontati e per avermi fatto raccontare.

M. M. 2E